Le marce risultano essere, ancor oggi, i brani più numerosi del repertorio bandistico e soprattutto costituiscono l’unica forma musicale caratteristica e specifica destinata alla banda.
Accanto alle marce pubblicate dalle più importanti case editrici che distribuiscono a livello nazionale (Belati, Ricordi, Scomegna, Pucci, etc.), sono adottate marce composte dai maestri-direttori operanti localmente, la cui fattura è spesso apprezzabile e in alcuni casi anche pregevole, con esiti musicali di notevole rilievo.
Tuttavia, sotto il profilo segnatamente musicale, queste marce rispettano, in linea di massima, alcune norme di semplicità e linearità melodica, non sono scritte in tonalità ricche di accidenti, presentano motivi non eccessivamente complessi in rapporto alla tecnica esecutiva di cui dispongono mediamente i musicanti e mantengono durate di pochi minuti.
In molti casi l’elemento ritmico è predominante e condiziona decisamente la melodia che non ambisce, soprattutto nelle marcette, a vette di espressività e profondità di particolare suggestione. Modesti e canonici sono i disegni armonici, quasi del tutto assenti gli andamenti contrappuntistici. Ciò nonostante la marcia è il brano che meglio realizza la funzionalità della banda durante i suoi percorsi, durante le sfilate e, in genere, durante tutti i suoi interventi, poiché alla marcia è comunque affidato il compito di coniugare brillantezza dei suoni, scansione ritmica, intensità sonora ed estrema intelligibilità melodica, uniche qualità musicali che favoriscono in molte circostanze l’efficace intervento delle bande.
Più di ogni altro brano del repertorio bandistico la marcia necessita dunque, per assumere valore e senso, del proprio contesto esecutivo ovvero della cornice festiva e rituale all’interno della quale normalmente si iscrive.
Le marce militari presentano quasi sempre un tempo veloce di 2/4 o di 6/8, si eseguono di solito quanto la banda sfila, hanno un andamento allegro e vivace e trasmettono grinta e vitalità a chi le ascolta e a chi le suona.